Le più antiche testimonianze di presenza umana nel territorio dei Colli Euganei risalgono al paleolitico inferiore e medio, cioè 35.000 anni fa. La popolazione di questo periodo viveva probabilmente in grotte ed accampamenti all’aperto, su luoghi naturali di difesa, dedicandosi alla raccolta e praticando la caccia; gli utensili erano realizzati con la selce euganea, tra le migliori conosciute. Alla fine del V millennio a.C., uno dei più importanti insediamenti attivi si trovava sui dossi sabbiosi del paleoalveo presente nel territorio di Cinto Euganeo, che ha restituito moltissimo materiale utile per la ricerca. Verso la fine del neolitico, le comunità euganee ritornano sulle alture periferiche ed interne dei Colli Euganei, per difendere più facilmente il territorio. Nella fase successiva, l’età del rame, l’area euganea si avvia alla produzione e al commercio di manufatti in metallo. Alcuni oggetti sono stati rinvenuti nel territorio tra Este e Monselice, come un’ascia ritrovata a Marendole. Con l’avvento del II millennio, l’età del bronzo, sorgono grandi villaggi stabili, spesso su palafitte, prende avvio lo sfruttamento dei terreni grazie all’introduzione dell’aratro. Tra il XVIII e il XVI sec a.C. si organizza un vasto insediamento di palafitte nel laghetto della Costa ad Arquà Petrarca, mentre dal XIV al XIII sec. si organizzano abitati protetti da argini e fossati: l’abitato di Marendole ha restituito numerosi reperti, soprattutto ceramiche. Una fase cruciale nell’organizzazione delle comunità avviene nell’età del ferro (I millennio a.C.), quando la produzione artigianale, lo sfruttamento delle risorse agrarie e dell’allevamento diventano la base per uno sviluppo economico e sociale, che porterà a concentrare in pochi punti preferenziali gli insediamenti. Dal VIII sec. diviene attivo, nella zona dell’attuale Montegrotto, un luogo di culto legato alle acque termali, ed al culto del Dio Veneto delle Acque. Tra il VI ed il II sec. a.C. si sviluppa in tutta l’area veneta una civiltà etnicamente attribuita al popolo dei Veneti, con una propria lingua chiamata venetico; documentata grazie al grande patrimonio di iscrizioni su materiali diversi (cippi, lamine, ceramica). Nel corso del I millennio a.C., si sviluppano due nuclei di potere in Este e Padova, dove i Colli Euganei si offrono come posizione intermedia e polo di riferimento. Contaminazioni greche, etrusche e celtiche si ritrovano in reperti che testimoniano il culto dell’uva e del vino. Il territorio veneto muta profondamente dopo la creazione della Via di Lepido, utilizzata dai romani per attraversare la Venetia. Nel 141 a.C. un esponente del potere centrale di Roma venne nel territorio per definire un contenzioso tra Atestini e Patavini su questioni di confini. Il proconsole stabilì una linea di demarcazione, che attraversa in senso longitudinale il complesso collinare euganeo, segnalata dal posizionamento di tre cippi di confine: a Teolo, Galzignano e Monte Venda. Nella metà del I sec. a.C. Patavium diviene municipio e detiene il potere su tutto il versante orientale dei Colli Euganei, compresa l’importante area termale, mentre ad Ateste rimaneva il settore occidentale e meridionale fino a Monselice. In tutto il territorio si possono riscontrare le caratteristiche di quel fenomeno che viene definito romanizzazione: controllo del territorio dal punto di vista politico amministrativo, sfruttamento sistematico delle risorse, bonifiche, sistemazione dei terreni per la coltivazione e l’avvio ad importanti costruzioni. Imponenti si dimostrano le opere idrauliche, poiché la geologia dei Colli Euganei non permette la formazione di riserve d’acqua. I romani costruirono un complesso ed articolato sistema di approvvigionamento idrico, basato sulla conduzione dell’acqua dentro tubature in pietra. Di questo sistema si conservano tracce nel sito chiamato Buso della Casara, dove oltre 100 metri di cuniculi, ancora oggi percorribili, furono scavarti nella riolite, per raccogliere in un unico condotto l’acqua di cinque polle. Nelle gallerie si leggono ancora le tracce del lavoro umano, come le direzioni di scavo di picconi e punti e di piccoli incavi realizzati per posizionare le lucerne necessarie per illuminare i cunicoli durante le attività lavorative. Testimonianze del lavoro contadino si ritrovano invece nella zona di Vo’, Cinto Euganeo e Baone, dove sono state rinvenute ville ed insediamenti di tipo rurale, intorno a cui si organizzava la vita quotidiana di agricoltori ed allevatori. Numerosa è anche la documentazione di tipo funerario che attesta una capillare occupazione del territorio tra il I sec. a.C ed il I sec. d.C. Altri dati sono forniti dalle fonti letterarie antiche, che ricostruiscono la vita quotidiana, e restituiscono l’immagine di un uso diverso dell’acqua termale. Non più solo rito divinatorio, ma la ricchezza documentata dalle aree archeologiche di Abano e Montegrotto testimoniano un interesse diretto della famiglia imperiale nello sfruttamento delle risorse termali. L’avvento dei romani nel territorio euganeo non cancella però la tipica origine veneta della popolazione.
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